Archivo:Criptoportico, Napoli, area archeologica di San Lorenzo Maggiore.jpg

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Italiano: Napoli, area archeologica di San Lorenzo Maggiore, il criptoportico. L’area archeologica, in cui sono visibili i resti dell’antico Foro di Neapolis, è il più rilevante sito archeologico presente nel centro storico di Napoli, sia per valore monumentale e topografico, sia per il suo inserimento all’ interno del complesso angioino di San Lorenzo Maggiore. L’invaso irregolare di piazza San Gaetano è ciò che resta di un più vasto spazio aperto corrispondente al centro civile e religioso della città antica: quest'area è stata infatti da sempre riconosciuta come il Foro di età romana, coincidente a sua volta con l’agorà della città greca. Le indagini archeologiche hanno evidenziato che la sistemazione di epoca romana, databile al I secolo d.C., ricalcava un’organizzazione più antica. Già dal V secolo a.C., infatti, era stata disegnata al centro dell’abitato greco-romano una piazza che, sfruttando il pendio della collina, si era distribuita su due livelli, a monte ed a valle della plateia, poi decumanus maximus (strada principale), corrispondente all'attuale via Tribunali, con la necessaria edificazione di strutture murarie di contenimento e di una gradinata che collegava la zona inferiore, destinata alle attività commerciali, con la parte superiore, riservata a funzioni politiche. Una vera e propria area archeologica si estende oggi a circa 10 metri di profondità, sotto la chiesa di San Lorenzo Maggiore. All’interno del chiostro settecentesco è visibile parte del macellum, il mercato romano, databile alla seconda metà del I secolo d.C.: esso era costituito da uno spazio porticato rettangolare, su cui si aprivano botteghe, e da un cortile interno scoperto e pavimentato a mosaico, al centro del quale era collocata una tholos, un edificio circolare destinato alla vendita degli alimenti. Sono però i livelli inferiori dello scavo a chiarire la complessa strutturazione dell’intera zona. All’età greca rimanda il tracciato di una strada, uno stenopos, poi definito cardo (cardine) di Neapolis, messo in luce al di sotto del transetto della chiesa, ricoperta da un lastricato del V secolo d.C.. L'antica via correva lungo il lato orientale di un articolato edificio romano che, distribuendosi su tre ali, fungeva anche da sostegno artificiale della terrazza sovrastante, sulla quale era posizionato poi il mercato, contribuendo nello stesso tempo a definire la porzione inferiore del Foro. La costruzione si componeva di una serie di nove botteghe (tabernae), composte ciascuna di due stanze voltate a botte e aperte sulla strada, in cui si svolgevano attività commerciali e artigianali: vi si sono individuati un forno e vasche per la tintura dei tessuti. Alla fine del cardine, sulla destra, si giunge al criptoportico (mercato coperto), suddiviso in piccoli ambienti com uncinati e dotati di banconi in muratura per l'esposizione delle merci. Facevano eccezione solo tre di essi, che probabilmente costituivano l’erarium, dove era custodito il tesoro cittadino. Tale organizzazione rimase in luce fino agli ultimi anni del V secolo d.C., quando, colmata la zona da strati di natura alluvionale, si diede avvio alle successive trasformazioni culminate nel XIII secolo con la costruzione del convento e della basilica gotica, che comportarono la definitiva obliterazione di tutte le strutture precedenti. Negli ultimi anni, al tradizionale percorso, è stato aggiunto una nuovo settore, che si sviluppa in continuità con l’area già fruibile, con la quale si collega attraverso un ambiente di passaggio del portico, con un suggestivo percorso che restituisce unitarietà all’edificio antico. In questa nuova area è collocata, all'interno di un vasto ambiente, una monumentale opera idraulica risalente ad epoca tardo-ellenistica, che serviva ad incanalare il flusso delle acque sfruttando le pendenze naturali. seguono tre ampi vani a volta comunicanti tra loro e pavimentati a mosaico, di cui quella centrale ospita una grande vasca-fontana. In questo raffinato edificio messo in luce nel settore sud-occidentale del complesso, ad una preliminare analisi, è forse possibile riconoscere una schola, sede di corporazioni sacre o artigianali. L’edificio, articolato da punto di vista planimetrico, si differenzia dagli adiacenti ambienti a destinazione mercantile, sia per una maggiore antichità sia per la presenza di decorazioni parietali e pavimentali di pregio. Collegato all'area degli scavi è il Museo dell'Opera di San Lorenzo Maggiore, allestito negli ambienti cinquecenteschi intorno e nella Torre civica, che affianca la Basilica. In esso è presentato al pubblico un vero e proprio spaccato della storia di Napoli dall'età classica sino all'Ottocento. Nel suo allestimento scientifico, in senso cronologico ascendente nei vari livelli dell'edificio, si passa dai reperti archeologici di epoca greca a quelli di età romana, repubblica e imperiale; dalle testimonianze di epoca tardo-antica a quelle paleocristiane e poi bizantine; dall'alto Medioevo e dalle civiltà Sveva e Normanna sino all'età Angioina e Aragonese, per giungere infine alle sale che ospitano i pastori sette-ottocenteschi della prestigiosa collezione del convento. Le opere sono inserite nei contesti originari per favorire la corretta e completa comprensione di quanto esposto, ricomponendo fisicamente gli spazi in cui erano collocati e ricercando le stesse condizioni di luce e prospettiva e le finalità stesse per cui erano state prodotte. (da: http://www.cir.campania.beniculturali.it/)
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